Santo Natale 2009
Is 8, 23b-9, 6a; Sal 95; Eb 1, 1-8a; Lc 2, 1-14
A chi racconterò il mistero del Natale? Con quali parole saprò narrarlo?
Lo racconterò a tutti i padri di famiglia.
Gli racconterò il Natale di San Giuseppe.
Mi farò suggerire da lui le parole, gli chiederò in prestito i sentimenti e le intuizioni.
E lascerò che sia lui a dire ad ogni padre:
«Non temere. Non temere di essere uomo. Temevo il compito affidatomi.
Quali grandi cose avrei dovuto compiere? Come potevo con la mia debolezza?
Ero solo un falegname, alla sua prima esperienza di padre.
Come avrei potuto crescere il Figlio di Dio? Cosa avrei potuto insegnargli?
Quando invece lo vidi cercarmi come suo padre, quando mi seguiva nella bottega per imparare il mestiere, quando cominciò con i “perché” e i “come”, quando lo tenevo per mano andando alla sinagoga, quando impaurito mi cercava quando il buio lo spaventava.
In tutte quelle volte risentii la parola dell’angelo “Non temere”.
Sì non temere d’essere semplicemente padre, solamente un uomo. Il Figlio di Dio mi chiedeva solo questo».
E poi, a chi svelerò il mistero del Dio bambino? Con quali tratti lo descriverò?
Voglio svelarlo a tutte le madri raccontando loro il Natale di Maria.
Chiederò aiuto a lei, rubandole i segreti di quella sera.
E lascerò che sia lei a dire ad ogni madre:
«Non temere. Non temere di essere donna. Perché anch’io tremai di fronte alla mia pochezza.
Sarò all’altezza? Come potrò accudirLo con la miseria della mia umanità? Saprò tenere la famiglia?
Che cosa potrà dare al Figlio di Dio una madre come me?
Ma quando lo vidi cercare il mio seno, quando mi stupii di vederlo cercare le mie carezze, quando veniva a fine giornata a lasciarsi levare le schegge dalle mani, quando mi chiedeva il suo dolce preferito, quando mi cercava con lo sguardo mentre predicava alla folla, quando dalla croce mi domandò con gli occhi di prendermi per l’ultima volta cura di Lui.
In tutte quelle volte risentii la parola dell’angelo: “Non temere”.
Sì, non temere d’essere semplicemente madre, solamente una donna. Il Figlio di Dio mi domandava solo questo».
Ancora: a chi regalerò il dono del Natale? In che maniera potrò tramandarlo?
Voglio raccontarlo a tutti gli uomini e le donne comuni.
E parlerò loro con la voce dei pastori.
Mi lascerò ispirare dai loro, attingendo al loro sapere concreto e popolare.
E lascerò che siano loro a dire ad ogni uomo e donna:
«Non temere. Non temere la normalità della tua vita.
Ci preoccupammo quando dovemmo raggiungere la grotta. Eravamo degni?
Noi povera gente, pensammo: che c’entra con noi costui?
Lui farà strada, diventerà potente, abiterà nei palazzi, avrà servitù e ricchezze. Noi che possiamo fare per lui?
Ma quando per anni perdemmo le sue tracce senza sapere più nulla di Lui, quando sapemmo che era in paese sperduto a fare il carpentiere, quando ci raccontarono le sue parabole che parlavano di noi e di una vita semplice e ordinaria, quando a Gerusalemme lo rivedemmo mangiare con i peccatori e stare coi poveri.
Allora risentimmo le parole degli angeli: “Non temete”.
Sì non bisogna temere una vita normale, solamente normale».
Di nuovo: a chi sussurrerò il segreto di Betlemme? A quale saggezza mi appoggerò?
Voglio raccontarlo a tutti i nonni e a tutti coloro che vedono vicino il traguardo della vita.
Darò la voce a Gioacchino e Anna, i nonni di Gesù, perché sia la loro saggezza ad insegnarci.
E lascerò che possano confidare ad ogni nonno e nonna:
«Non temere. Non temere la vecchiaia con i suoi dolori.
Eravamo vecchi quando Lui venne e ci chiedevamo cosa avremmo potuto fare per Lui con le nostre poche forze, i nostri acciacchi, le nostre paure da anziani.
Ma quando veniva a farsi raccontare le storie dei patriarchi, quando dopo l’episodio del tempio venne a confidarsi e chiedere consiglio a noi, quando di nascosto si lasciava viziare, quando, quel giorno che il Vangelo non racconta, Gesù adolescente venne da Gioacchino morente e gli sussurrò: “Io sono la Risurrezione e la vita. Credi tu questo?”.
Allora sentimmo nostre le parole degli angeli: “Non temete”.
Sì non bisogna temere nemmeno la vecchiaia, nemmeno la morte».
Infine: a chi destinerò la grazia del Natale? E che emozioni potrò adoperare?
Voglio raccontarlo a tutti i bambini.
Vorrei fare l’interprete del Bambin Gesù: potesse la Sua Parola raggiungerli davvero.
E lascerò che sia lui a dire loro:
«Non temete. Non temete di essere soltanto dei bambini.
E a quelli che vi vogliono subito adulti, a quelli che vi tolgono l’energia, a quelli che vi impacchettano come robottini, a quelli che “non dire… non fare… non farmi far figure… sei grande… devi svegliarti…”.
Portateli davanti al presepe, fategli vedere il volto del Dio Bambino e ricordate loro che nel Regno diventa grande chi rimane piccolo».
Il Natale ci restituisce come un dono il nostro essere pienamente uomini, donne, giovani, vecchi.
Quello da cui a volte si vorrebbe fuggire.
Solamente e semplicemente uomini e donne perché il Figlio di Dio ha voluto esserlo.
Più diventi uomo, più ti immergi nella tua umanità, più Dio è a portata di mano, letteralmente.
Se Dio s’è fatto uomo, non potrai dire di credere in Lui se non ne segui la stessa via.