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La Bottega del Vasaio

Il blog di don Cristiano Mauri. Di Umanità e di Vangelo.

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Raffineria quaresimale. Un approccio al tempo che inizia

Febbraio 22, 2012 //  by don Cristiano Mauri

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Una decina d’anni fa, durante un corso di esercizi spirituali, insieme ai vari compiti di preghiera e di ascolto della Parola di Dio che venivano proposti, fummo invitati a vivere anche il momento del pasto come un’occasione di ascolto.


Bisognava cioè concentrarsi fortemente sull’istante che si stava vivendo assaporandolo nella sua interezza. Si trattava non solo sentire il gusto delle pietanze, ma ascoltarlo in tutte le sue sfumature di sapore, di consistenza, di colore, di profumo; cogliere tutta la portata del gesto del cibarsi, del nutrirsi, avvertendo persino in quello un frammento della bellezza divina e del Suo darsi quotidiano.

Ero abituato, come tutti credo, a mangiare normalmente in gran fretta, dando importanza al cibo e all’atto del nutrimento solo nella misura del necessario. Giusto da un cibo particolarmente buono o decisamente cattivo la mia attenzione veniva stuzzicata. La priorità poi, nel caso di cene conviviali, ai compagni di tavola ovviamente.

Lì mi chiedevano di guardare al cibo come a un convitato con cui intrattenermi.

Superate le perplessità e le difficoltà iniziali, dopo un po’ di giorni mi parve come di non aver mai davvero mangiato in vita mia e di aver appena cominciato a farlo.

La soddisfazione che provavo in quel dare ascolto al cibo e all’atto del nutrirmi era grande, capace di restituirmi un senso di sazietà anche nei giorni in cui, per scelta, consumavo pasti frugali. Mi sembrava di sentire per la prima volta i sapori, pur avendoli assaggiati da anni. Persino quel che non mi piaceva mi pareva avere una sua dignità che non meritava di essere buttata ma comunque consumata.

Se non sapessi di dire una sciocchezza, direi che quel cibo era come un “mio prossimo” con cui stringere un dialogo. La rinuncia al cibo che alcuni digiuni fatti in quei giorni mi costrinsero a fare, acquistò anch’essa una colorazione diversa.

Anche la preghiera di inizio e fine pasto assumevano un valore completamente nuovo e assolutamente meno retorico. Mangiare e ascoltare i sapori non era poi così diverso da lodare e ringraziare.

Tra i tanti doni di quel corso ci fu anche quello di aver imparato a “usare” il cibo.
Qual mangiare lento e calibrato era un vero e sacrosanto esercizio ascetico.
Ho ricordato questo episodio pensando alla Quaresima che inizia.

Non ho mai sopportato la retorica dei fioretti e delle rinunce quaresimali, soprattutto quando vengono spacciati per ascesi cristiana. Siamo pure coinvolti tutti in un’esistenza che avvertiamo affannosa e logorante, è davvero utile aggiungere ulteriori elementi di frustrazione?

Non è possibile un approccio diverso? Anche perché, obiettivamente, dire di no a qualche caffè, a un dolce, alle sigarette, alla tv, a internet, o che altro mai per il solo periodo quaresimale per poi riprendere come se nulla fosse dopo la Pasqua, a cosa mai potrà servire?

Un esercizio di volontà? Mi sta bene, ma forse che la volontà si esercita solo in Quaresima?
Una rinuncia per i poveri? D’accordo. Non ho ancora conosciuto dei poveri che lo sono solo nei tempi forti della liturgia.
Per penitenza? Dunque tu credi che la Misericordia di Dio sia legata ai cioccolatini che lascerai nella scatola fino a Pasqua ma che ti sbafferai subito dopo?

L’ascesi cristiana è la disciplina della libertà interiore che accompagna tutta la vita del credente. Altro che cioccolatini. Altro che Quaresima.

La vera libertà interiore è quella di chi non si lascia governare dalle cose ma ne è a sua volta padrone. Il governo delle cose implica però non solo la capacità di disporne a piacimento ma anche – soprattutto – la consapevolezza del fine per cui le cose esistono.

Questa coscienza è la sola che pone tra me e le cose la distanza opportuna, mettendomi nelle condizioni di dare loro il giusto peso e il posto adeguato. La vera libertà interiore dunque, se ha le radici nell’assenza di attaccamenti disordinati, si attua però pienamente nel condurre le cose al loro fine.

E’ così che ci si mette nelle condizioni vere per abbandonare ciò che non è buono e incentivare ciò che lo è, per far cadere modalità inique e assumere la vera giustizia, per lasciare il disordine in vista dell’ordine spirituale.

Nel racconto della creazione, l’autore di Genesi descrive il creato come qualcosa di “buono”, che significa, nel senso originale dell’espressione: “perfettamente adeguato al fine per cui è stato fatto”. L’opera creatrice di Dio, dunque, definisce gli elementi del mondo tanto nel fine, quanto nell’adeguatezza a compierlo.

L’uomo si trova nel creato quale immagine e somiglianza di Dio, con il compito di amministrarlo in suo nome. Si intende perciò che l’opera stessa dell’uomo dovrà essere a immagine e somiglianza di quella divina: mantenere l’armonia creata conducendo ogni cosa al suo proprio fine.

Il tempo della conversione quaresimale dovrebbe essere lo spazio in cui ci esercitiamo (ascesi = esercizio) a prendere maggior consapevolezza del fine per cui le cose sono create lavorando ad attuarlo. Interrogarsi a riguardo e impegnarsi di conseguenza è un modo serio, non retorico, tanto meno moralista ma realmente spirituale di compiere la volontà di Dio. Questo è infatti il fine dell’ascesi: condurre la nostra libertà alla disponibilità verso la volontà di Dio.

Fermo restando che il digiuno più gradito a Dio è la Carità evangelica e che ciò da cui bisogna necessariamente liberarsi è solo il peccato, se vuoi caratterizzare la Quaresima con una disciplina particolare, piuttosto che praticare rinunce inutili che fanno solo aumentare la dose di nervosismo  e frustrazione, impegnati a imparare davvero a usare bene ciò che ti sta attorno.

Guardare l’intera creazione come il “mio prossimo” di cui prendermi cura e da cui farmi accudire non è certo una stupidaggine, San Francesco docet… Pensare a tutto ciò che mi sta attorno come qualcosa di cui sono responsabile e che sono chiamato a portare al suo compimento è una disciplina ascetica vera e propria.

Non smettere di mangiare i cioccolatini in Quaresima, impara a mangiarli e a gustarli nel modo giusto. Ti accorgerai che pian piano metterai un freno alla voracità e ti basterà un pezzettino solo di tavoletta, mentre prima ne mangiavi due di fila. Una rinuncia temporanea è uno sforzo fine a se stesso; cercare l’ordine insito nelle cose e perseguirlo è uno sforzo sacro e santo.

E fa pure bene alla salute.

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