• Menu
  • Skip to right header navigation
  • Passa al contenuto principale
  • Passa alla barra laterale primaria

La Bottega del Vasaio

Il blog di don Cristiano Mauri. Di Umanità e di Vangelo.

  • Pensieri e Parole
    • Pensieri
    • Parole
  • Vangelo e Scritture
    • Omelie
    • Lectio bibliche
  • Risorse Utili
    • Consigli e Metodi
    • Spiritualità
    • Le Sette Parole
  • Info
    • Chi sono
    • Cosa e perché
    • Pubblicazioni
  • search

Mobile Menu

  • Pensieri e Parole
    • Pensieri
    • Parole
  • Vangelo e Scritture
    • Omelie
    • Lectio bibliche
  • Risorse Utili
    • Consigli e Metodi
    • Spiritualità
    • Le Sette Parole
  • Info
    • Chi sono
    • Cosa e perché
    • Pubblicazioni
  • search

Far finta di essere sani. (Verso il Triduo Pasquale)

Marzo 26, 2013 //  by don Cristiano Mauri

Tweet
Share
WhatsApp
Email
Telegram
More

Quando penso a me dentro questa mia Chiesa mi ritrovo spesso a canticchiare quella vecchia canzone di Gaber che faceva: «Far finta di essere sani».

Il pezzo, al solito pungente e ironico, racconta la fatica dell’uomo moderno che non riesce a vivere e non sa più che farsene della propria libertà nel momento in cui si scopre ferito dall’inutilità e dalla mancanza di significato.

Di fronte al disagio di non saper più bene quale quale posto occupare, comprende certo – o forse si sforza di credere – che la realtà è lo spazio della propria realizzazione e della scoperta di senso, ma sceglie, per abitarvi, la strada di quella sottile ipocrisia che preferisce mascherare la fragilità per ostentare la riuscita.

Così si dedica al make-up esistenziale, più che alla ricerca del rimedio vero: non conta guarire ma dimostrare di essere sani, forti, realizzati.

Riascolto la mia Chiesa. Quella vestita di rosso e quella di provincia coi jeans e il maglione girocollo. E la vedo – e mi vedo insieme ad essa – tanto spesso preoccupata e impegnata a dimostrare la propria ottima salute.

I malati sono gli altri. Noi? Noi, sani come pesci. Ipotizzare il contrario è disfattismo, sfiducia nell’agire di Dio, scarso senso ecclesiale. E’ evidente nel modo di affrontare i problemi pastorali.

La fiducia cala? Le Messe sono disertate? Gli oratori si svuotano? Ma no, teorie complottiste. E anche se fosse, il problema sono loro che devono guarire dalla sfiducia, dalla pigrizia, dallo scarso senso di appartenenza.

Noi stiamo benissimo, con le nostre strutture in ordine, i progetti educativi di ultima generazione, le tecniche di evangelizzazione più moderne che ci siano. Vedete quanta salute? Sanissimi. E sempre più isolati in questo palese far finta di essere sani.

La cosa diventa ancor più emblematica e insieme problematica nel campo delle questioni fondamentali dell’uomo, delle domande circa l’esistenza e delle istanze morali, laddove la nostra vocazione a fare i medici dell’umanità viene fuori in tutta la sua forza: il mondo è esistenzialmente e moralmente malato e noi abbiamo il mandato divino di condurlo a completa guarigione.

L’arma definitiva è una sola: la Verità, quella che possediamo per volontà celeste. Ovviamente, noi ci consideriamo immuni da ogni agente patogeno e generosamente ci chiniamo con l’affilatissimo bisturi dogmatico a incidere senza pietà i bubboni infetti dell’umanità, facendo a fette le situazioni e a volte, purtroppo le persone.

Le provocazioni del mondo? Le domande sui grandi temi della fede? Le istanze di riflessione e apertura? L’attesa di comprensione e pazienza? Suvvia, siamo seri. Loro son malati. Noi mica si può cedere al contagio.

Meno male che ci siamo noi, che non ci lasciamo intaccare da certi virus e alla «dittatura del relativismo» finiamo col rispondere con la «tirannia della Verità». E’ una fortuna che esistano i nostri rigidi sistemi di pensiero, le nostre risposte preconfezionate, le belle affermazioni di principio. Diagnosi precisa, medicina sicura.

La Verità deve affermarsi e trionfare, deve marciare con la sua armatura splendente e sconfiggere ogni rimasuglio di tenebra senza far prigionieri.

I morti e i feriti? Ogni guerra, si sa ha i suoi effetti collaterali. L’importante è che noi non si mostri alcun cedimento. Anche ci fosse, non importa. Ciò che conta è che la scenografia regga e la costituzione appaia sana e robusta. Ammetto, sto un po’ caricaturando, ma nemmeno troppo, a ben vedere.

La Settimana Santa è chiamata nella tradizione ambrosiana «settimana autentica». Sia nel senso che si tratta di quella “eminente” tra tutte le altre, sia perchè in essa viene fatta verità: nei misteri pasquali il vero Volto di Dio è svelato e le intenzioni dei cuori degli uomini divengono manifeste.

E’, a tutti gli effetti, la «settimana della Verità», su Dio, sulla storia, sul mondo, sugli uomini. Una Verità che negli eventi fondatori del cristianesimo si rivela non secondo i toni dominanti che ho descritto sopra, ma in una forma debole, fragile e nascosta fino ad apparire ambigua.

La privata delicatezza della lavanda dei piedi e l’umile eloquenza del pane spezzato nell’intimità del Cenacolo; lo spettacolo tremendo della Croce in cui il Volto del Padre appare velato; il sospiro clamoroso e discreto del sepolcro vuoto la mattina della domenica.

Nella Pasqua, la Verità di Dio è certo proclamata ma al modo di un sussurro più che un grido. Ha il suono di un fiore che sboccia, di un seme che mette radice, di una vita concepita in grembo e non potrebbe essere altrimenti, perché il nome della Verità è «Misericordia»; seria e drammatica forse, ma certo «Misericordia».

Ed essa non può che venire come un balsamo, un tocco lieve e rispettoso ma capace di lenire le ferite dell’umano. Dal Cenacolo, dalla Croce, dal Sepolcro è una sola la Parola che viene sussurrata, ed è «Misericordia». Solo chi si riconosce ferito o feritore ne comprende l’eloquenza e ne sperimenta a fondo la potenza. Solo chi ne rispetta la natura delicata e umile sa diffondere i benefici di quella Verità.

Ma coloro invece che si considerano giusti – che «fan finta di essere sani» – nella Pasqua non colgono altro che un enorme enigmatico silenzio. E i loro toni arroganti e asseverativi sono il primo e più chiaro tradimento della Verità e il più forte ostacolo all’agire della Misericordia.

Mi piacerebbe imparare a sussurrare la Misericordia di Dio. Mi piacerebbe che la mia Chiesa fosse sempre più capace di sospirare l’alito delicato, compassionevole e salvifico del sepolcro vuoto.

Che il primo passo sia proprio smettere di «far finta di essere sani»?

Che il primo e più vero modo di affermare la Verità della Misericordia sia lasciarla essere così com’è, anzitutto in me, in noi, senza la preoccupazione di renderla più vera e più forte di quel che è?

Che si tratti di dichiararsi feriti e deboli, malati insieme ai malati, sotterrando gli anatemi per cercare insieme ai drammi della gente la dolce, paziente, nascosta mano della compassione seria di Dio?

Che significhi rispettare i modi umili e modesti con cui la Verità si è rivelata senza temere di riproporli, schivando il clamore, cercando la discrezione, evitando i palcoscenici, cercando il contatto con l’umano prima di ogni altra cosa?

Cominciamo intanto a tacere noi prima degli altri in questi giorni santi, perchè il cuore torni a saper ascoltare quella Voce che ha il suono dello sbocciar di un fiore.

Magari sussurrare ci verrà automatico e capiremo che non è poi così importante «far finta di essere sani».

Tweet
Share
WhatsApp
Email
Telegram
More

Unisciti a più di 7000 lettori.

Iscriviti alla NewsLetter.
Riceverai gli aggiornamenti del blog e i contributi riservati agli iscritti.

VOGLIO ISCRIVERMI

Post precedente: « La Chiesa: o è dei poveri, o povera Chiesa!
Post successivo: Grammatica e Pratica. »

Site Footer

Privacy Policy Cookie Policy

Copyright © 2022 La Bottega del Vasaio · All Rights Reserved

Iscriviti alla NewsLetter

Unisciti agli altri 7000 lettori per ricevere i contenuti riservati agli iscritti e le novità del blog.
Invalid email address
We promise not to spam you. You can unsubscribe at any time.
Grazie per esserti iscritto!Controlla la tua casella di posta e conferma la tua iscrizione seguendo le istruzioni contenute nella mail che riceverai.