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La Bottega del Vasaio

Il blog di don Cristiano Mauri. Di Umanità e di Vangelo.

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Giuda: il primo ad essere salvato. Tra Comunione e Solitudine.

Aprile 19, 2014 //  by don Cristiano Mauri

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La Pasqua tra Comunione e Solitudine
Giovedì Santo

Gn 1,1-3,5.10; 1Cor 11,20-34; Mt 26, 17-75

La Comunione nel Cenacolo è intensissima. Mai come in quel momento la forza dell’esperienza di fraternità tocca livelli così alti, seppure dentro una tensione drammatica fortissima, con il fumo del tradimento che si insinua in tutti i discepoli. Il quadro di intimità è bellissimo e il gesto eucaristico sigilla quel momento come il cuore sostanziale dell’esperienza cristiana. Il Bene si manifesta.

Da lì in avanti però è solitudine.

Anche il Male inizia la sua opera e Gesù viene progressivamente ma inesorabilmente isolato. Comincia da Giuda, che lascia il gruppo, isolandosi a sua volta. Poi i discepoli che si addormentano mentre Lui chiedeva sostegno. Poi la reazione violenta di Pietro che è una ulteriore presa di distanza dallo stile del Maestro. Poi la prigionia con il rinnegamento: Gesù è definitivamente solo.

Il contrasto tra comunione e solitudine è fortissimo e la coincidenza delle due cose è impressionante.
Come se il Male e la solitudine coincidessero.
Come se la Morte cominciasse con quell’isolare Gesù.

Come se la terra bruciata attorno a Cristo fosse il primo strumento con cui il Nemico attacca il Figlio di Dio alle radici della Sua fede. Gesù cerca il Padre nell’Orto degli Ulivi e porta i fratelli con sé perché il Padre, Lui e i fratelli sono una cosa sola. Perciò se li porta a pregare: quella fraternità è il «luogo» della Figliolanza! E il Nemico infonde il sonno mortale proprio nei fratelli perché il rapporto col Padre mostri qualche crepa.

Addirittura pare che l’isolamento sia un male di cui lo stesso Male ha paura. È così vero che persino il Nemico organizza una comunione, crea legami, tesse trame di relazioni, costruisce un esercito, stabilisce alleanze.

La diversità è però riconoscibile.
Il male assedia, accerchia, mette all’angolo, imprigiona con le sue false relazioni costruite sulle compravendite e i giochi di potere; nel “regno del Male”, poi, ciascuno resta uno, comunque, come sperimenterà Giuda abbandonato dai suoi nuovi alleati.
Il bene invece libera, apre, scioglie, costruisce sulla gratuità e sulla compassione, riuscendo a tenere stretto anche chi si allontana, senza mai tagliarlo fuori, come sperimenterà Pietro dopo il rinnegamento e come avrebbe potuto sperimentare Giuda.

Comunione e solitudine. Nella Comunione il Pane della Vita. Nella solitudine il bacio della morte.
La Pasqua attraversa questa drammatica antinomia.

Gesù ne esce con una decisione che sta tutta nella parola «Amico» rivolta a Giuda. È un grido di comunione che spacca la solitudine propria e del discepolo traditore. Due uomini isolati e salvati – entrambi, sì! – da una parola amichevole. Gesù è già risorto lì, nel Getsemani: la Vita ha già sconfitto la Morte, la Comunione ha schiacciato la solitudine attraversandola.

Entro in questa Pasqua dalla porta della solitudine. Quella delle tante persone che me l’hanno raccontata. Gli anziani soprattutto, i single, i “diversi”, i coniugi, i lavoratori, i giovani, i preti.
E mi sento ferito nel celebrare l’Eucaristia con la solitudine addosso. Perché comprendo che ha tutto il sapore del tradimento di Giuda fare la Comunione a Pasqua mentre qualcuno muore di solitudine appena fuori di qui.

E vorrei poter affliggere coloro che sono consolati dalle reti di relazioni che si sono costruiti, dalle loro belle famiglie cattoliche in cui si rispettano tutti i dettami della Chiesa, dai loro confortanti gruppi cattolici e che non riescono ad aprire gli occhi su chi muore di solitudine e che rispondono a chi chiede vicinanza un laconico «Eh, ma come faccio?».

E vorrei poter affermare che bisognerebbe avere il coraggio di non celebrare più l’Eucaristia, finché la comunione non fosse davvero fatta e nessuno più morisse di isolamento.

Ma forse è giusto che la Chiesa sia così, ferita e traditrice, con la comunione e la solitudine anche al suo interno. È giusto che sia così anche oggi e non secondo il mio gusto.

È giusto che ci sia l’Eucaristia da celebrare perché il senso del Vangelo appaia e la Comunione sia annunciata. Ma è anche drammaticamente inevitabile e straordinariamente bello che anche oggi esista chi, lasciato solo e tradito, continui a chiamare «Amico» colui che lo condanna. Mostrando così il vero volto del Risorto e celebrando ogni giorno la Pasqua forse più vera, nel nascondimento, nel silenzio, anche lontano dalle liturgie e dai raduni parrocchiali.

Perché il Regno di Dio cresce, ma spesso al contrario di quel che crediamo.

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