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La Bottega del Vasaio

Il blog di don Cristiano Mauri. Di Umanità e di Vangelo.

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La Chiesa è immobile. Eppur si muove.

Ottobre 21, 2014 //  by don Cristiano Mauri

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D’accordo, se ci si aspettava dal Sinodo una rivoluzione dottrinale sui “temi caldi” – situazioni matrimoniali irregolari e omosessualità – non ci si può che dire scontenti, perché di sconvolgimenti epocali, in effetti, non se n’è visti. Un amico mi ha commentato la conclusione dei lavori così: «Il Papa ha chiesto parresia e i Vescovi han capito paresi-sia».

Puntando lo sguardo solo su quegli aspetti controversi della dottrina è difficile dargli torto, e trovo assolutamente comprensibile e legittimo che i credenti direttamente o indirettamente chiamati in causa da quelle questioni dicano tutta la loro insoddisfazione, parlando di una Chiesa ferma a ripetere, più o meno, sempre le stesse cose.

Eppur si muove.
E si è mossa in un modo non meno importante, significativo e nuovo delle auspicate e – in parte – mancate aperture.
Mi sono trovato a fare questa considerazione, dopo aver letto il messaggio che Papa Francesco ha rivolto ai padri sinodali al termine dei lavori (lo si può trovare qui: Discorso del Papa in conclusione al Sinodo 2014.) che, oltre ad essere molto bello, mi ha condotto a cogliere nel processo sinodale una spinta molto decisa e convinta da parte del Pontefice a mutare i tratti del volto della Chiesa intera. O, forse, a ricercarne gli originali contorni evangelici.

Tre sono i “movimenti” che mi è parso di cogliere e che trovo molto moderni, radicati nella Parola e promettenti.

1. Il Primato dello Spirito nel Primato di Pietro.

Nella seconda parte del messaggio, Francesco ricolloca con forza la figura del Papa in rapporto coi Vescovi, definendo il ruolo del pontefice quale garante di unità, stimolo alla cura del gregge e testimone primo del servizio quale forma di autorità ecclesiale, aggiungendo poi:

«Quindi, la Chiesa è di Cristo – è la Sua Sposa – e tutti i vescovi, in comunione con il Successore di Pietro, hanno il compito e il dovere di custodirla e di servirla, non come padroni ma come servitori. Il Papa, in questo contesto, non è il signore supremo ma piuttosto il supremo servitore – il “servus servorum Dei”…»

Nulla di nuovo, fin qui. Nella prima parte, però, il tono e il contenuto del testo sono quelli di un padre-fratello spirituale che insieme ai suoi figli-fratelli rilegge le dinamiche interiori che si sono succedute nel profondo del cuore del Sinodo.

Con tutto lo spessore della tradizione gesuitica, Francesco opera una lucida analisi di ciò che è avvenuto, enumerando i motivi di consolazione, indicando con precisione chirurgica le tentazioni, offrendo un’interpretazione complessiva e dando una direzione lungo la quale far procedere il cammino. Il tutto con quella capacità di distacco oggettivo tipica del discernimento ignaziano.

Un Papa anzitutto servo dello Spirito che conferma i figli-fratelli nella fede in Esso. L’espressione di un’autorità dalla fortissima impronta spirituale prima che dottrinale, morale o carismatica. L’affermazione implicita e indiretta, dunque, che il Primato papale è il Primato dello Spirito e che il servizio del successore di Pietro – la sua autorità – consiste e si realizza pienamente nel far sì che la Chiesa intera sia aperta, docile, pronta alla voce dello Spirito Santo.

Il supremo servitore, dunque, della creatività di un Dio che: «non ha paura delle novità! Per questo, continuamente ci sorprende, aprendoci e conducendoci a vie impensate. Lui ci rinnova, cioè ci fa “nuovi” continuamente» (Omelia di conclusione del Sinodo). La guida di un popolo che non può che aver la stessa vocazione.

Foto concessa da ilovecreativity.it

2. La pluralità delle voci come luogo di manifestazione dello Spirito.

La preoccupazione di apparire saldi e compatti è tipicamente cattolica. Come l’affanno a rincorrere per afferrare e riportare nei ranghi chi sbanda, chi resta indietro e chi corre troppo avanti. L’unico gregge di Cristo sembrerebbe dover belare sempre in coro consonante, attento a non apparire in alcun modo diviso.

La sollecitazione da parte del Papa al confronto, alla discussione, al dibattito il più possibile franco e trasparente ha invece fatto chiaramente emergere come il corpo sinodale fosse tutto tranne che in perfetto accordo. Non bastasse ciò, i contrasti hanno assunto toni anche molto accesi e duri.

Ma ciò che stava a cuore Francesco era senza dubbio il manifestarsi della pluralità delle voci più che l’apparire di un unisono fittizio.

È l’immagine della Chiesa poliedro dalle mille sfaccettature già usata dal Papa, in cui le diversità e le distanze non vanno nascoste né dissimulate. È la convinzione che lo Spirito parla e si rivela dentro la dialettica delle diverse prospettive di fede messe a confronto, prima che nell’unanimità di un voto. La fede nel fatto che la Verità quando si manifesta non lo fa mai ad opera di una sola bocca. La convinzione che perfino lo scontro o il dissenso vissuti in una logica di fede, non sono segno di spaccature, ma fessure attraverso le quali la Grazia soffia con abbondanza.

3. La Chiesa «in stato di Sinodo permanente».

Da ultimo, mi è sembrato di udire chiaramente più che il desiderio di esaurire le questioni in soluzioni chiuse, quello di mantenerle comunque aperte e vive.
È chiara la spinta di Francesco nel mettere e rimettere continuamente in moto la Chiesa, verso chi è lontano, verso una prospettiva più universale, verso un’intuizione del messaggio evangelico più profonda.

Una Chiesa, dunque, che non gioca in difesa attestandosi sulle posizioni guadagnate dalle quali non indietreggiare mai e nemmeno più procedere; piuttosto che resta in cammino, senza sosta e senza timore alcuno.
Una Chiesa che non considera il mondo come un nemico da cui guardarsi ma come uno stimolante compagno di cammino, con cui cercare il confronto, a cui proporre il proprio annuncio, da cui lasciarsi provocare per guadagnare in autenticità e bellezza, insieme a cui viaggiare verso la Verità che tutti attrae.

 

Ma voi, vi immaginate se ogni singola comunità cristiana avesse questi tre tratti?
Se si concepisse con i suoi pastori come serva dello Spirito, maturasse una disponibilità autentica a dar spazio nel confronto alla pluralità delle voci e alimentasse il desiderio di permanere in costante cammino e sviluppo nelle proprie scelte ordinarie.
Ma vi immaginate?!?!?

Cose già sentite? Può darsi.
Tanto non cambia nulla? Può essere.
Eppur, per me, si muove.

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