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La Bottega del Vasaio

Il blog di don Cristiano Mauri. Di Umanità e di Vangelo.

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Un libro alla settimana: «Dio non è quel che credi»

Dio non è quel che credi

Dicembre 2, 2014 //  by don Cristiano Mauri

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Comincia oggi una serie di quattro articoli con i quali, rispondendo alla richiesta di alcuni lettori della Bottega, propongo la lettura di altrettanti libri che trovo significativi e soprattutto capaci di “lavorare dentro”.
L’intenzione non è scrivere una semplice recensione, bensì motivare una lettura, offrendone una prospettiva e indicando uno spunto di riflessione personale.
Spero di fare cosa gradita e vi invito ad aggiungere nei commenti o sulla pagina Facebook della Bottega altri consigli di lettura a tema con la proposta.

Jean Marie Ploux

Il libro di questa settimana è «Dio non è quel che credi» di Jean-Marie Ploux, Edizioni Qiqajon – Comunità di Bose.

L’autore, nato in Francia nel 1937 e divenuto sacerdote nel 1969, è stato vicario generale della Mission de France. Laureato in Lettere, Teologia e Psicologia, dopo alcune esperienze di insegnamento in Algeria ed Egitto, e dopo avere approfondito gli studi dell’arabo e dell’Islam, ha sempre operato nel campo della formazione, del dialogo interreligioso e dell’ecumenismo.

Quella che vi propongo è una lettura breve che ha la forma di un piccolo saggio, scritto in un linguaggio quasi colloquiale e comunque sempre accessibile, molto scorrevole e fresco nello stile, di facile lettura.

Quasi una riflessione ad alta voce di un settantenne innamorato di Dio, del mondo e dell’umanità che guarda al misterioso intreccio tra i tre con umiltà, curiosità e intelligenza e che condivide la sua passione con garbo e senza integralismi.

 


 

«Una falsa rappresentazione di Dio rende falsa anche la vita dell’uomo e degli uomini fra di loro»

Con questa affermazione Ploux apre la questione mettendo sul tavolo le dinamiche in gioco: c’è un legame stretto tra l’esperienza religiosa e le forme storiche dell’esistenza umananei suoi aspetti personali e sociali; il forte impatto che le diverse rappresentazioni di Dio hanno avuto sulla vita degli uomini ne è la prova.

Si ragiona dunque del rappresentare Dio.

Punto di partenza è la consapevolezza che Dio nessuno l’ha mai visto e dunque ogni sua rappresentazione resta approssimativa, provvisoria e mai esaustiva del mistero di Dio. Perciò:

«Se crediamo che le nostre parole, le nostre scritture, i nostri dogmi, le nostre pratiche religiose dicano tutto di Dio… allora Dio non è quel che crediamo.»

D’altra parte qualche rappresentazione è necessaria e Ploux offre subito un criterio generale per discernerne la qualità:

«Questa è una prima regola a cui attenersi: ogni rappresentazione di Dio che va contro l’uomo, contro la sua umanità, che lo sminuisce lo distrugge è una falsa rappresentazione di Dio.»

L’autore mostra bene l’efficacia del criterio applicandolo alle svariate rappresentazioni deformi di Dio presenti nella storia, compresa quella moderna che liquidando l’idea di Dio ha finito con il mettere al suo posto la libertà, la scienza, il profitto, la nazione, l’uomo stesso.

Quale strada invece propone?

Sceglie di guardare e ascoltare Gesù come luogo in cui viene rappresentato Dio, non senza le Scritture che parlano di Lui e non senza il dialogo con le altre tradizioni religiose che parlano di Dio e dell’uomo.

Dall’uomo Gesù dobbiamo partire per capire Dio, con l’attenzione costante a non fare viceversa e la rappresentazione di Dio che Gesù è stato in mezzo a noi si riassume in tre parole:

«Dio è amore. E io aggiungo: è solo questo. L’amore è forza, tenerezza, presenza nel rispetto, servizio fedeltà, dolcezza e lotta quando occorre. Dov’è dunque Dio? Egli è là dove gli uomini amano, si amano, hanno bisogno di amore. L’amore per Dio non saprebbe sostituire l’amore per l’uomo e non si aggiunge nemmeno all’amore dell’uomo per l’uomo, ne è l’estrema profondità. L’amore è la dimensione divina dell’uomo e dell’umanità.»

Perciò c’è un solo modo per conoscere, comprendere e rappresentare Dio: mettersi al seguito di Gesù e intraprendere la strada dell’amore verso il prossimo e verso Dio, in modo disinteressato e radicale.

Avendo però la prudenza di chi, tenendo vivo il dubbio, si guarda da tutte le perversioni possibili dell’amore della fede, attraverso gli strumenti dell’intelligenza critica e del dialogo con quelli che vivono e pensano in altro modo.

Vivere «davanti a Dio, con Dio e senza Dio», conclude Ploux citando Bonhoeffer: aperti alla sua presenza senza ciechi riduzionismi, certi della sua solidarietà con noi in Cristo, liberi dalla pretesa di avere parole definitive su di Lui.

 


Dio non è quel che credi

«Dio non è quel che credi» è particolarmente adatto a questi giorni che preparano il Natale. Dio che prende carne di uomo, dentro un dialogo d’amore umano-divino, costringendo a rivedere le rappresentazioni e le attese messianiche: tematiche natalizie tutte toccate dalla riflessione di Ploux.

Insieme alla lettura può essere dunque fruttuoso fermarsi a rflettere su questi tre aspetti.

1. L’immagine di Dio.

Prendere consapevolezza del fatto che tra Dio e credenze su di Lui c’è un infinito scarto è un passaggio obbligato.

In un modo o nell’altro siamo tutti condizionati e contaminati da categorie culturali, insegnamenti ricevuti, pregiudizi consolidati, esperienze attraversate che hanno disegnato in noi un certo volto di Dio.

Occorre ridirsi continuamente che Dio non è ciò che io credo di Lui o che mi hanno fatto credere di Lui.

Fermati perciò a raccontarti quali sono le immagini di Dio che ti porti dentro, cosa le ha fatte sorgere, quali influenze hanno su di te, che effetti hanno prodotto sulla tua vita.

Ancora: prova a decifrare quali tratti hai dipinto secondo il tuo comodo, le sfumature che hai dato per convenienza o le cancellature che hai fatto per levare ciò che ti infastidiva.

Perfino da non credenti lo si può fare, descrivendo gli elementi che sono stati decisivi nel “perdere la fede”.

2. La fede come dialogo.

Ploux sottolinea più volte come il vero volto di Dio emerge solo in un confronto serio soprattutto con chi ha visoni molto differenti dalle proprie.

C’è da interrogarsi con abbondanza circa la capacità di noi cristiani di restare in aperto, franco e umile dialogo nei confronti del mondo in generale e in particolare per gli aspetti contrari alla nostra dottrina.

Mi trovo spesso a raccogliere le confidenze di chi si dice in difficoltà perchè vive in un ambiente ostile al suo credo.

Se non mancano situazioni in cui chi non crede tende a marginalizzare e umiliare chi professa la fede, devo constatare, però, come di frequente la fatica del credente nasca dalla sua diffidenza nei confronti dell’altro, di sovente accompagnata da un certo senso di superiorità e da una forte intransigenza.

Se ti trovi in situazioni simili, ricorda anzitutto che non hai altro luogo in cui toccare Dio se non la carne del tuo prossimo e poi prova a considerare l’opportunità che una luce particolare sul volto di Dio possa essere accesa perfino da chi si trova posizioni opposte alle tue.

Avrai un nemico in meno e un alleato in più.

3. Seguire Gesù.

Infine la centralità di Cristo.

Tocco con mano una discreta “ignoranza” – nel senso della scarsa conoscenza – di molti cristiani riguardo la figura di Gesù e il contenuto dei Vangeli.

Molti sono dei virtuosi delle pratiche di pietà, altri conoscono ogni singola parola dei messaggi di Medjugorje, altri citano Papa Francesco come fosse loro zio.

Ma la Parola del Signore resta spesso un’illustre sconosciuta.

Leggila se vuoi vedere Dio nella carne di Gesù.

Se non sai come fare, puoi trovare qualche consiglio per cominciare in questo post: «Pregare con la Parola di Dio. 5 ragioni e 5 suggerimenti».

 

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