Ecco il secondo dei quattro articoli della serie «Un libro alla settimana» nella quale propongo la lettura di altrettanti libri che trovo significativi e soprattutto capaci di “lavorare dentro”.
L’intenzione non è scrivere una semplice recensione, bensì motivare una lettura, offrendone una prospettiva e indicando uno spunto di riflessione personale.
Ti invito ad aggiungere nei commenti o sulla pagina Facebook della Bottega altri consigli di lettura a tema con la proposta.
Il primo consiglio di lettura lo trovi qui: «Dio non è quel che credi».
Il libro di questa settimana è «Le sante dello scandalo» di Erri de Luca, Casa Editrice Giuntina 2011, Firenze.
Non credo che l’autore abbia bisogno di grandi presentazioni, perciò non mi soffermo ad offrirti dati biografici. Se sei interessato, la voce di Wikipedia che lo riguarda è sufficientemente esaustiva, anche dal punto di vista della bibliografia.
In una cinquantina di pagine circa De Luca raccoglie le vicende di cinque donne della Bibbia, con uno stile narrativo rapido, non sempre scorrevolissimo, spesso allusivo, come un procedere a colpi di pennello che danno colore, senza troppo definire il soggetto.
Non si tratta di una semplice riproposizione di storie già scritte, ovviamente, bensì una rilettura interpretativa di personaggi che stanno sul fondale dei racconti biblici come coralli preziosi, capaci di offrire una speciale ricchezza all’intero corpo testamentario.
Se non sei molto ferrato con il mondo della Scrittura, ti consiglio di leggere prima i racconti originali e poi l’interpretazione di De Luca, o corri il rischio di perdere molto della sua profondità interpretativa.
Tamar la cananea, Racab di Gerico, Rut la moabita, Betsabea moglie di Uria l’ittita e Maria di Nazaret. Cinque donne, piantate in mezzo all’elenco di nomi tutto al maschile della genalogia di Gesù, da Abramo in poi, per come la confeziona l’evangelista Matteo.
De Luca passa in rassegna le loro storie facendone emergere tre elementi chiave che le accomunano in modo evidente.
Tutte hanno una missione che perseguono con una determinazione e una tenacia indefettibili; sono donne grandi e sante nella piccolezza e nella semplicità di origini non certo nobili; sono figure scandalose, che per un motivo o per l’altro impongono eccezioni alle regole e forzature alla Legge in nome di un diritto e di un disegno più alti.
In Tamar il desiderio di appartenere alla schiera delle madri di Israele è incontenibile. Non c’è legge, buon senso, e forse nemmeno buon gusto che tenga: fingendosi una prostituta, si fa scandalosamente ingravidare dal suocero, reo di averle negato come sposo il terzo figlio – contro il diritto ebraico – dopo la morte degli altri due fratelli, entrambi in precedenza mariti della donna.
La presa di Gerico da parte di Israele passa anche per la collaborazione di Racab, una prostituta della città, così colpita dalle voci sulla grandezza di Jahvè da tradire il proprio popolo, salvando le spie di Israele giunte in perlustrazione. Una vittoria scandalosa coronata dall’ancor più grande scandalo del veder la prostituta straniera finire in moglie a Giosuè, capo e guida di Israele.
L’amore per Jahvè e la fedeltà per la suocera rimasta, come lei, vedova spingono Rut, donna di Moab a scegliere di lasciare la propria terra e la casa di suo padre per andare ad abitare, come un Abramo al femminile, in terra di Israele. Il desiderio di appartenere al popolo eletto la spingono a usare le scandalose armi della seduzione, per irretire Booz l’israelita e dare alla luce Obed, nonno del re Davide.
Lo scandalo di un adulterio, unito all’omicidio del marito tradito sono le vergognose premesse della nascita del più saggio, santo e luminoso dei re di Israele: Salomone, figlio di Davide e di Betsabea, moglie del generale Uria. Di lui si legge: «Dio lo amò». È il frutto che protegge l’albero, il figlio che giustifica l’amore illecito dei due amanti, l’amore di Dio per lui che ripara i torti facendo sorgere, addirittura il più grande dei re.
E infine Maria. Misteriosamente, inaspettatamente, irregolarmente, scandalosamente madre di Gesù. Frutto dell’infinito amore di Dio per lei, del suo purissimo desiderio di Lui, del viscerale amore di Giuseppe che stringe a sè Maria e quel figlio, strappandoli alla durezza della Legge che avrebbe punito lo scandalo.
Fa notare l’autore nell’introduzione che femmina in ebraico singifica incisione, apertura dalla quale esce la vita. Le lettere ebraiche di cui è composta la Legge sono femminili, dunque vive, aperte alla vita, capaci di generare e vivificare.
Le cinque femmine scandalose, sembrano essere altrettante spaccature nella compattezza della storia di Israele, donne che con il loro corpo infrangono la Torà per darle una più giusta e misteriosa applicazione, una crepa nel muro granitico della Legge nella quale miracolosamente germoglia una vita inaspettata.
È straordinario che la genealogia del Figlio di Dio, Colui che viene a compiere la Legge, la Promessa, l’Alleanza contenga cinque trasgressioni fatte per amore. O forse già così è annunciato che il compimento della Legge è l’Amore.
Trovo la riflessione di De Luca molto stimolante in questo tempo in cui si dibatte all’interno della Chiesa di ruolo della donna e di “leggi ecclesiali” da riformare o da interpretare in modo differente.
Ovviamente nelle cinquanta paginette non si trova alcuna soluzione a queste questioni, ma certamente viene offerta una prospettiva biblicamente radicata e spiritualmente feconda che credo si possa sintetizzare in due spunti decisamente provocanti.
1. Quando l’amore trasgredisce
Il fatto che un amore trasgressivo, fuori dagli schemi, fuori misura, perfino peccaminoso come quelle delle cinque donne possa non solo essere preso in considerazione dalla storia della salvezza, ma addirittura mostrato come occasione per far nascere “nuova vita” da parte di Dio è sconcertante.
E se le situazioni di “amore irregolare” dentro la Chiesa oggi potessero essere ripensate proprio a partire da questo annuncio? Significherebbe metterle sullo stesso piano di altre? No, affatto. Le storie delle cinque sante sono scandalose e non va negato. Così come gli elementi di eccezionalità presenti in tante situazioni odierne rimarrebbero, senza nasconderli.
Ma possibile non si possa pensare e trovare il modo per mostrare che quando l’amore trasgredisce – attenzione: l’amore! – contiene in sé una capacità redentiva nei confronti degli elementi scandalosi, perfino peccaminosi?
2. Il genio femminile.
Forse un modo di amare come questo è davvero prerogativa delle donne. Chissà che il cosiddetto “genio” femminile non stia proprio in questa virtù di aprire strade all’amore là dove ci sono vicoli ciechi, o di possedere una capacità di amare che sa farsi strada in fessure ad altri invisibili.
Mi viene da pensare che l’incapacità ad uscire da certi “fine-corsa” non solo dottrinali in cui la Chiesa, a tutti i livelli, ogni tanto si infila, venga proprio dal fatto che la guida e il discernimento ecclesiale hanno un’impronta ancora troppo maschile.
La preoccupazione necessaria e sacrosanta di trasferire la Tradizione della Fede da una generazione all’altra – cosa tipicamente maschile – non manca forse di un’istanza più creativa, più generativa, più intuitiva e perfino trasgressiva? Che sia mossa però non dal gusto dell’originalità e della modernità ma da un’innato istinto nel dar spazio alla vita, all’apertura, alla luce.
Non potrebbe essere questo contributo di discernimento generativo l’eccezionale spinta che tutte le donne a tutti i livelli nella Chiesa saprebbero portare dando loro un effettivo ed efficace spazio di responsabilità?
Buona lettura e se ti sei perso il libro della scorsa settimana, ecco il link: «Dio non è quel che credi»