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La Bottega del Vasaio

Il blog di don Cristiano Mauri. Di Umanità e di Vangelo.

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Pregare con la Parola di Dio. Un metodo (parte seconda)

Gennaio 10, 2015 //  by don Cristiano Mauri

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Ecco il terzo appuntamento sul tema del pregare con la Parola di Dio. L’obiettivo di questi pezzi è indicare, seguendo un approccio pratico e pastorale, un metodo di preghiera semplice, chiaro, praticabile e soprattutto fecondo. Qualcosa, più vicino a un libretto delle istruzioni che a un manuale vero e proprio.
Se dunque cerchi uno strumento agile ed efficace che ti aiuti a cominciare, ricominciare o continuare a pregare meglio, senza dover affrontare letture più lunghe di un post, credo che questi articoli possano fare al caso tuo.

Per comodità di lettura, di questi post metterò a disposizione un pdf. Per scaricare quello di oggi clicca qui.


Abbiamo posto le premesse fondamentali per affrontare il tema del pregare con la Parola di Dio nel primo pezzo di questa serie:«5 ragioni e 5 suggerimenti per pregare con la Scrittura».

Nel secondo Pregare con la Parola di Dio. Un metodo (parte prima) abbiamo cercato di evidenziare l’importanza del momento di ingresso nella preghiera, suggerendo poi gli accorgimenti pratici per affrontare la lettura del testo biblico in una prospettiva di ascolto meditativo.

Ti invito, prima di proseguire, a leggere con attenzione i precedenti due articoli o a riprenderli velocemente nel caso l’avessi già fatto, così da avere presenti le coordinate fondamentali del discorso.

Ti ricordo, infine, che il riferimento di questa mini-guida è il metodo della lectio divina, anche se molto semplificato rispetto all’originale e condito con alcuni accorgimenti pescati da altri approcci alla Parola e dell’esperienza personale.

Ecco la struttura generale del metodo: 1. Ingresso in preghiera 2. Lettura 3. Ascolto 4. Colloquio 5. Uscita.

In questo post approfondisco i punti 3, 4 e 5.


Ascolto

Ascolto

Nello schema tradizionale della lectio divina il passo successivo alla lettura analitica del testo è chiamato meditatio.

La domanda fondamentale che fa da sfondo in questo passaggio è la seguente: come Dio mi parla oggi attraverso questo testo della Scrittura?

In modo più dettagliato potremmo tradurla con domande specifiche del tipo: che cosa questo testo mi rivela di Dio? Quali valori eterni emergono? Che cosa suscita in me questa rivelazione? In che cosa mi sento interpretato, rinfrancato, purificato, illuminato, esortato? A quali interrogativi della mia esistenza trovo risposta? Che cosa attraverso questo testo, il Signore mi chiede di verificare, correggere, approfondire, decidere?

Il termine meditazione è però facilmente associabile all’idea di un lavoro puramente razionale oppure di uno sforzo volto all’ottenimento di particolari stati di pace interiore.

Come vedi, ho preferito indicare questa fase come Ascolto, non per un vezzo di originalità ma per evitare l’equivoco di una preghiera intesa come produzione autonoma di pensieri pii o di concetti fruibili, invece che come attesa della Parola di un Altro, quale in realtà è.

Ricorda: non esiste “la preghiera” da realizzare, esiste il Signore e la possibilità dell’incontro con Lui, perciò anche questa fase di meditazione va affrontata come una relazione vera e propria.

Ora vieni chiamato in causa tu con l’intera tua esistenza: la ricchezza delle tue doti, la povertà dei tuoi limiti, il bagaglio delle tue ferite, la tua storia personale, il contesto in cui vivi, il lavoro che svolgi, le sofferenze che provi, gli affetti che hai, la cultura in cui sei immerso, i successi e le sconfitte che hai raccolto. E tutte le dimensioni della tua persona sono coinvolte: intelligenza, memoria, volontà, affettività, corporeità.

Quando vieni raggiunto dalla Parola e ne resti toccato, entri in risonanza con essa vibrando, reagendo, muovendoti di volta in volta in modo differente, secondo ciò che la Parola sfiora di te e secondo il modo in cui lo fa.

L’Ascolto consiste esattamente nell’impegnarti a cogliere i moti interiori, ricevendoli come ciò che il Signore, con quel particolare spunto, sta dicendo alla tua vita. Tali movimenti del cuore sono a tutti gli effetti «la Parola di Dio per te» e sono il tesoro che non devi mancare di raccogliere.

L’impegno, dunque, va messo in un atteggiamento di recettività attiva in cui offri la massima disponibilità a lasciarti sollecitare e interpellare dalla Parola e, allo stesso tempo, ti sforzi di leggere, interpretare e fare tuo ciò che si è mosso in te.

Custodisci la Parola

Come procedere concretamente?

Io ti consiglio di riprendere anzitutto il passaggio del testo che più ti ha coinvolto nella fase di Lettura. Dopo averlo riletto e riassaporato, presta attenzione a tutto ciò che quel versetto suscita in te in termini di idee, intuizioni, ricordi, emozioni, immagini e osserva quali ambiti della tua vita sollecita, quali relazioni chiama in causa, quali scelte mette in discussione, con quali atteggiamenti è critico.

Interrogati poi riguardo a quel che percepisci e interrogalo direttamente: perché quel ricordo? Come mai questa immagine? Cosa significa rispetto alla mia vita questa idea? Perché questa emozione? Per quale ragione ho associato quella tal persona a questa Parola? In che modo avverto di dover ridiscutere una scelta o cambiare un modo di fare? Che consonanza o che dissonanza avverto tra me e quel versetto?

Anche se questo passaggio non sembra un vero e proprio ascolto, non farti ingannare. Pensa a quando dialoghi con una persona e le poni domande per capire meglio: non è forse ascolto a tutti gli effetti?

Un ascolto attivo, appunto, una recettività attiva che ti permetterà di percepire come la Parola sa toccarti, illuminarti, consolarti, rinfrancarti, pungolarti, convertirti, rinnovarti.

Nell’affrontare questa fase di ascolto ti invito a tenere presente queste attenzioni.

1. Non preoccuparti di trovare a tutti i costi delle soluzioni alle domande che poni e che ti poni, perché esse servono anzitutto ad attivare la tua ricerca. Le risposte, se occorrono, verranno nel modo più inatteso.

2. Resisti alla tentazione di passare il tempo dell’Ascolto nella produzione di pensieri devoti o di belle idee ben ricamate. Se vuoi una spia rivelatrice di quando finisci col trasformare la riflessione in monologo edificante, la trovi nell’auto-compiacimento orgoglioso che sempre lo caratterizza.

3. Stai attento a non far della riflessione un estenuante esame di coscienza auto-afflittivo e ancor meno una caccia alla ricetta pronta del buon cristiano. Questa è una deriva molto frequente e molto dannosa per il suo generare scrupoli interiori e facili riduzionismi del messaggio del testo.

4. È molto importante osservare che su tutte le domande che ti poni e che poni alla Parola non devi lavorare abbandonando il testo. Rimani sul brano e sull’esperienza che intende trasmettere.


Colloquio

Colloquio

Come ti lascia intendere il titolo di quest’ultima punto del metodo di preghiera, ora si passa al prendere parola davanti a Dio.

In realtà il confine tra l’Ascolto e il Colloquio è molto sfumato, quasi impercettibile e molto di frequente le due fasi tendono a sovrapporsi.

Volendo però definire un confine, possiamo dire che avviare il Colloquio significa passare dall’esperienza di Dio in terza persona (ciò che di Lui mi comunica il testo) all’esperienza di Dio in seconda persona (ciò che io dico a Lui a partire dal testo, dandogli del “tu”).

È il momento più intimo e “caldo”, in cui lasci salire spontaneamente a Lui il frutto dell’ascolto, ed è anche quello che sfugge a una efficace descrizione e sistematizzazione.

Proprio per il suo consistere nella personale replica alla Parola di Dio, questa fase segue molto le caratteristiche del singolo ed è opportuno non fornire troppe indicazioni ma lasciare che l’originalità di ciascuno si esprima nel modo più libero.

Ti dò questi semplici consigli.

1. Sii il più sciolto possibile. Non devi formulare la preghierina al buon Gesù, devi lasciare che la tua interiorità risponda a Lui e alla sua presenza.

2. Evita la dispersione e resta legato a ciò che è maturato in te nella fase di Lettura e Ascolto.

3. Lascia che sgorghi in te la libera reazione alla Parola che ti ha toccato e rivolgiti a Lui come preferisci, così come riesci e come ti viene naturale: parole, gesti, gemiti, domande, lacrime, sorrisi, baci, sospiri, ringraziamenti, suppliche, richieste di perdono, espressioni di fiducia e abbandono, invocazioni di aiuto, silenzio. Usa il corpo, il cuore, la mente.

4. Non essere troppo verboso e non trasformare questo momento in un monologo interiore finendo con l’autoavvitarti su te stesso.

Questa comunione intima e confidente è il punto d’arrivo e insieme il cuore della preghiera.

Quando il Signore ritiene di fartene dono, può giungere in questa fase la grazia di in un pacificato e intensissimo permanere alla Sua presenza senza nulla dire, senza nulla fare, senza nulla percepire se non il Suo esserci e il tuo rimanere.

È quest’ultima un’esperienza contemplativa autentica in si è immersi in un profondissimo e acuto silenzio abitato, nel quale si riposa immobili e ineffabilmente consolati, come se mancassero le parole per esprimere quanto la mente e cuore provano.

Raramente si arriva a toccare questo livello intensissimo di preghiera, ma è già consolante sapere che c’è, che esiste uno strato profondissimo di noi in cui scorre, come un torrente carsico, la presenza di Dio che ci alimenta a prescindere dal nostro percepirLo.


Uscire dalla preghiera

Non esiste la preghiera

Esci, infine, lentamente dalla preghiera.

Il tempo che hai dedicato al Signore e alla Sua Parola in un dialogo intimo non è come gli altri, è uno spazio che ha una sua speciale dignità, per non dire sacralità.

Sei stato toccato in profondità, sei entrano in colloquio con il Mistero, hai vissuto un tempo di particolare grazia. Passare immediatamente e in tutta fretta ad altre attività rischia di disperdere il piccolo tesoro che ti è stato offerto.

Rispetta perciò la tua inerzia interiore anche nel concludere la preghiera, così come l’hai fatto avviandola: recita un Padre nostro lentamente e sottovoce, compi un lento e consapevole Segno di Croce, sosta qualche istante come per riposare e lasciare decantare il tuo animo.

Ti lascio due ultimi suggerimenti.

1. Lo schema della lectio divina contempla nella parte conclusiva la cosiddetta Actio, cioè la formulazione di un impegno particolare di conversione a partire dalla Parola ascoltata, per far sì che il nostro agire sia conforme ad essa.

Ti invito a non cercare a tutti i costi “qualcosa da fare”, anzi, ti direi proprio di non formulare propositi a meno che nel tempo della preghiera non sia emerso con molta chiarezza e precisione un inderogabile passo da compiere.

La capacità della Parola di modellare l’agire si manifesta infatti nel lungo periodo, cambiando lentamente ma efficacemente anzitutto la nostra mentalità, il nostro modo di valutare le situazioni, di stabilire priorità, di prendere decisioni.

Perciò, anzichè darti impegni artificiosi che difficilmente rispetterai, custodisci interiormente il versetto che più ti ha colpito, ripetendolo e “ruminandolo” più volte lungo la giornata.

2. Scrivi. Conclusa la preghiera prendi appunti su tutto ciò che è accaduto e che ti sembra utile ricordare: le parole che più ti hanno nutrito e i sentimenti provati, le difficoltà sorte e il modo in cui le hai affrontate, le domande aperte e le risposte ricevute, le intuizioni avute e i punti rimasti oscuri.

Verifica anche se hai rispettato il tempo stabilito, se il luogo ti ha aiutato, se sei stato disturbato, se hai fatto un buon ingresso in preghiera.

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