Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!».
(Mt 11, 2-15)
Terza Domenica di Avvento (Rito Ambrosiano A)
ASCOLTA L’OMELIA
Tempi di urgenze quelli che viviamo.
Tempi in cui la mia urgenza è l’Urgenza per antonomasia. Non c’è spazio per l’urgenza altrui, non c’è tempo da sottrarre alla mia.
Tempi in cui, così, piuttosto che ascoltare l’urgenza del prossimo la si giudica, pretendendo che la propria resti non giudicata. L’unica plausibile.
Tempi in cui tutto è urgenza, quando non emergenza.
Una commessa di lavoro è sempre e comunque urgente, una spedizione sempre e soltanto espressa, una risposta a una mail accettabile solo se immediata.
Così che, se tutto è urgenza, non esiste più nulla di davvero urgente. Sbiadiscono i criteri di urgenza e difficile diventa anche solo il concetto di precedenza. Si passa direttamente alla persona, cioè far prevalere un’urgenza è una questione di affermazione personale, di riconoscimento di valore.
Quando mai la fede«urge»?
Convertirsi al Vangelo, liberarsi da ciò che in noi lo ostacola, compiere passi di autenticità nel cammino cristiano: è mai davvero un’urgenza?
Gesù dichiara alle folle che avevano cercato Giovanni nel deserto che accogliere il Regno che viene è un’urgenza improrogabile. Non c’è più tempo, non ci sono margini per posticipare la decisione, non ci sono più occasioni da perdere.
Giovanni è «l’Elia redivivo», l’ultimo dei profeti attesi, colui che apre la stagione messianica.
Il Regno è vicino. È il tempo della presenza definitiva di Dio in mezzo al suo popolo. I segni lo dicono, le parole lo annunciano.
Urge decidersi, senza più rinviare.
L’Avvento è tempo per riscoprire, nell’inseguirsi delle urgenze quotidiani, quanto il Vangelo sia un’urgenza e quanto urgente sia il decidersi a suo favore.
Fare del Vangelo un’urgenza è anche la via per riordinare le altre urgenze, ricomprenderle, reinterpretarle e per trovare, forse, il punto prospettico adeguato per ascoltare l’urgenza del proprio prossimo, senza giudizio, senza arroganza, senza farsi governare dalle proprie urgenze.