«Abbasso i semplicisti». La complessità della vita e il Vangelo.
Quinta Domenica di Avvento
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Giovanni proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. (Gv 1, 6-8. 15-18)
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Il prologo di Giovanni racconta che il Figlio di Dio ha preso carne in un uomo preciso, fatto della stessa carne di ogni altro uomo, Gesù di Nazareth.
La complessità - fatta di estrema ricchezza e bellezza, quanto di tremende bassezze e umilianti limiti - che caratterizza la nostra umanità viene abitata da Dio stesso.
Da questa «carne», così bella e così pesante, non possiamo dunque prescindere nel vivere la fede e nel conoscere il Volto di Dio. Ogni tentativo di liberarsene o di divinizzarla è un tradimento del Vangelo stesso.
Così come qualunque approccio che prenda in considerazione la nostra esperienza umana in modo semplicistico.
La «carne» che ci è data va accolta, conosciuta, compresa, ascoltata, rispettata, amata. E il Vangelo ha la pretesa di interpretare e dare senso a tutta la complessità che caratterizza il nostro essere uomini e donne.
Il Vangelo se ridotto a slogan o a ricettina applicabile non può essere preso sul serio, non può essere una vera salvezza.