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Aveva conosciuto Cristo.
Aveva visto il Cristo turbato e preoccupato, piangere lacrime amare per le durezze del cuore di Gerusalemme che rifiutava il dono della pace.
Aveva letto del Cristo furente e determinato che esplodeva di rabbia e indignazione per la casa del Padre trasformata da luogo di preghiera e consolazione in un covo di ladri e sfruttatori senza scrupoli.
Aveva saputo del Cristo critico e franco che chiamava mercenari coloro che non ascoltavano più i bisogni del popolo, il grido del povero, il dolore delle vedove.
Aveva ascoltato un Cristo appassionato e coinvolto, fremente di compassione e misericordia fin nel profondo del suo animo davanti a un popolo che, senza guida e senza direzione, gridava il proprio disorientamento e affanno.
Aveva incontrato il Cristo, immagine del Padre, fatto Passione per l'uomo, specie se misero e peccatore, inchiodato a una Croce da un amore così imponente da togliere ogni dubbio circa la qualità del Suo bene.
Ne era rimasto affascinato, convinto, consolato.
L’aveva sentito “Vangelo”, buona notizia, parola di salvezza e di giustizia. E l’aveva visto tanto vivo, vero, giusto da credere di doverne fare tutta la propria vita.
Non sentiva alcun merito in questo, perché capiva che, in fondo, non c’è alcuna bravura nell'innamorarsi.
Decise di fare il prete.
E insieme stabilì di non vergognarsi mai di piangere quando gli sarebbe capitato. Di non temere di arrabbiarsi se fosse servito. Di non esser timido nello sguardo critico quando sarebbe stato necessario. Di non opporre alcuna resistenza alla passione per le persone. Di imparare anche a lasciarsi prendere la vita un pezzo al giorno.
Nulla di eroico, nulla di trascendentale, nulla di straordinario. Un prete normale.
L’avrebbe fatto come poteva, senza preoccuparsi troppo di riuscire, sbagliando ogni giorno, cercando di non far pagare sempre il prezzo delle sue mediocrità agli altri, portando pazienza con se stesso e chiedendo perdono dei tanti suoi peccati, ma sempre desiderando che tutto non fosse altro che una profonda passione per il Vangelo e per la gente che gli sarebbe stata data.
Voleva provarci. Per convinzione ma soprattutto per vocazione, quella ascoltata dalla voce del Maestro interiore e da quella della gente che gli chiedeva di aver passione per l’uomo, incoraggiandolo ad affrontare le sue resistenze e le sue fatiche nell'amare senza mezze misure.
E si sentiva vivo. Si sentiva vero. Sentiva che ne vale la pena.
Sentiva che davvero il Vangelo era vivo e capace di far vivere.
Gli dissero, un giorno, di non esagerare, anzi, di «non far l'esagerato».
Perché da preti «bisogna amare senza possedere» e se ci si appassiona troppo alle persone, alle loro storie, ai loro successi e fallimenti, alle loro gioie e ai loro dolori si finisce con il possederle. Non sia mai.
Perciò, il prete, deve amare a una certa distanza, a temperatura controllata, a basso regime. Mettere le briglie all'amore è la vera maturità umana e spirituale del prete. Una passione nella media, senza sussulti, con i guanti bianchi e la camicia stirata, senza odori né umori, composta ed educata. Perché lasciarsi coinvolgere è pericoloso, si perde il controllo, si rischia di sbagliare misura, si possono fare dei danni.
Una passione addomesticata. Una passione calcolata. Una passione media. Una passione senza carne né sangue. Una passione, alla fine, mediocre.
Lo sentì dalla voce di chi aveva il compito di guidarlo ad essere un prete secondo il Vangelo. «Non far l'esagerato», gli disse.
Proprio il maestro che avrebbe dovuto insegnargli la Scrittura come la narrazione di un’interminabile vicenda di indissolubile e intensissima appartenenza reciproca tra Dio e l’uomo.
Quello che doveva aiutarlo a comprendere che la passione evangelica spinge ad appartenere alla gente, ad avvertire che sei fatto per loro, che la vita degli uomini con i loro bisogni continuamente ti interpella perché come prete appartieni a loro.
Quello che avrebbe dovuto ricordargli che scegliere di amare secondo il Vangelo, con la Passione con cui Cristo ha amato, significava scegliere di «essere posseduti» dal desiderio di bene per la gente, fino al punto di essere disponibili a lasciare che facciano di te ciò che vogliono.
Uno di quelli che dovevano insegnargli che non si può decidere di «essere posseduti» a metà, che non hanno senso passioni medie, che bisogna lasciarsi inchiodare all’umanità come Cristo aveva fatto.
Non credeva alle sue orecchie: «Non far l'esagerato».
Prima disorientato, perplesso, stordito. Poi triste, sfiduciato, preoccupato. Poi dubbioso, angosciato, indeciso.
Sollevò il capo che teneva chino e guardando l’uomo che aveva di fronte a sé sentì il suono di quella voce provenire da molto oltre le sue labbra.
Il cuore gli si colmava di pietà e compassione per il suo istruttore, mentre un profondo sentimento di sdegno, ribellione e ripulsa per il senso delle sue parole invadeva ogni fibra del corpo.
«Lungi da me. Tu non ragioni secondo Dio, ma secondo gli uomini» gridò silenzioso il suo animo.
Abbassò nuovamente il capo, lasciando quella voce media e mediocre alla sua religione sotto controllo, senza passione e senza possibilità di alcuna resurrezione.
Decise, senza avvertire in ciò alcun merito ma solo una grazia, di continuare a credere alla Passione incandescente di Dio per l’uomo contemplata in Cristo, che tutto era tranne che media e mediocre.
Decise che davvero, allora, voleva provare. Ad essere un prete normale, certo, ma mai, mai, un credente medio.
E abbracciò convinto il suo maestro, iniziando da lì la sua Passione.