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Nicodemo proviene dal gruppo dei farisei. È capo del popolo. È maestro in Israele. Posizioni che danno onori e oneri. Ma soprattutto che vincolano ogni movimento e ogni slancio creativo. Nicodemo va da Gesù in ricerca. Ma come uno in libertà condizionata.
1 Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. 2Costui andò da Gesù, di notte, e gli disse: "Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui". 3Gli rispose Gesù: "In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio". 4Gli disse Nicodèmo: "Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?". 5Rispose Gesù: "In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. 6Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. 7Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall'alto. 8Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito". 9Gli replicò Nicodèmo: "Come può accadere questo?". 10Gli rispose Gesù: "Tu sei maestro d'Israele e non conosci queste cose? 11In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. 12Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?
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INDICE DELLA LECTIO:
Il contesto.
Chi è Nicodemo.
Nicodemo va da Gesù di notte.
Il primo scambio. (3, 2-3).
Il secondo scambio. (3, 4-8).
Il terzo scambio. (3, 9-12).
BIBLIOGRAFIA.
Beutler, Johannes, Il Vangelo di Giovanni, Roma, GBP, 2016.
Zumstein, Jean, Il Vangelo secondo Giovanni, Torino, Claudiana, 2016.
Vignolo, Roberto, Personaggi del quarto Vangelo, Milano, Glossa, 2003.
1. Il contesto.
È il primo viaggio di Gesù a Gerusalemme. Giovanni apparecchia subito un clima di forte conflitto con le autorità religiose della città. Entrato nel Tempio, Gesù rovescia le bancarelle e scaccia in mercanti suscitando le ire dei Giudei che gli chiedono conto dell’autorità con cui fa quelle cose (Gv 2, 13-21). Ad accrescere la sensazione di insidia, contribuiscono anche i versetti 23-25. In essi, infatti, l’evangelista descrive una sorta di conversione di massa causata dai segni che Gesù operava («molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome»), ma non manca di evidenziare la diffidenza di Gesù nei loro confronti: «non si fidava di loro, perché conosceva tutti». Lascia così intendere che l’adesione della folla era ambigua e inaffidabile. Questo è lo sfondo in cui si colloca il dialogo di Gesù con Nicodemo, rappresentante illustre proprio di quei Giudei protagonisti del diverbio e parte di quella folla affascinata dalle parole e dalle opere del Nazareno: l’ostilità dei capi e la diffidenza di Gesù per una fede figlia del fascino per le opere grandiose. L’incontro tra i due è composto di un versetto introduttivo, tre botta e risposta e un lungo monologo finale di Gesù che vede Nicodemo ascoltatore silenzioso. Commenteremo l’avvio e i botta-risposta, mentre lasceremo sullo sfondo il monologo finale.
2. Chi è Nicodemo.
Il suo nome ha un significato particolare: «colui che vince nel popolo», o anche «popolo vincitore». Giovanni lo qualifica come ”un uomo”, eppure il suo stesso nome ci fa guardare a lui come a un soggetto che è strettamente vincolato alla pluralità, al gruppo. Oltre al nome, Nicodemo porta con sé una connotazione socio-religiosa dalla forte carica identitaria. È definito per la sua appartenenza a un gruppo di potere (il Sinedrio, è uno dei capi) e alla corrente farisea dello stesso. La modalità di presentazione che l’evangelista utilizza lascia intendere quei gruppi come “origini esistenziali” del nostro personaggio. Egli è un uomo che proviene da delle compagini fortemente caratterizzate. Gesù ci fa sapere che era qualificato nello studio della Legge, uno scriba, maestro per il popolo. Dagli episodi successivi apprenderemo che apparteneva anche a una famiglia benestante e alcune tradizioni rabbiniche fanno sospettare che provenisse dalla Galilea. È un uomo che porta con sé un bagaglio di legami notevoli. Senza esagerare, possiamo dire che nel racconto evangelico, Nicodemo appare definito principalmente proprio dalle sue appartenenze. Possiamo immaginare facilmente la quantità di privilegi che esse gli garantivano, ma anche la grave consistenza del condizionamento che comportavano. Era un uomo che aveva una posizione, dunque una condizione invidiabile sotto tanti punti di vista, di quelle che garantiscono soddisfazione e appagamento. Allo stesso tempo, una dii quelle da cui non ci si muove volentieri e che si tende a difendere coi denti. Un uomo così, è libero di ascoltare i movimenti del cuore? Quale grado di possibilità di ricerca effettiva ha? Può forse discostarsi dall’alveo della sua tradizione, dai codici di comportamento della sua compagine, degli schemi di pensiero della sua spiritualità, dalle regole dei giochi politici? Nicodemo ha tutta l’aria di un uomo ”in libertà condizionata”.
Sarebbe importante, prima ancora di provare ad approfondire il tema della ricerca, soffermarsi a riflettere sul tema delle appartenenze e sul loro potenziale di condizionamento dei nostri percorsi di vita.
Ogni ricerca del volto di Dio, ogni esperienza di fede, ogni cammino di discepolo dietro a Cristo è fortemente segnato dalle appartenenze che segnano la vita di ognuno.
Gesù non mancherà di segnalare più volte ai suoi discepoli l’insidia che i legami con i gruppi sociali, con gli ambienti culturali, con le correnti religiose rappresentano nei confronti della libertà di ricerca.
Un esercizio interessante e dal forte valore spirituale può essere quello di provare a tracciare periodicamente una sorta di mappa concettuale delle appartenenze presenti nella propria vita, evidenziandone il rilievo, le interrelazioni, il peso.
Si noteranno appartenenze affettive, culturali, ambientali, d’interesse, di ceto, religiose, linguistiche, commerciali, politiche, educative… Una quantità notevolissima, la consapevolezza della quale è il primo passo di libertà.
3. Nicodemo va da Gesù di notte.
Per indicare la venuta di Nicodemo, Giovanni utilizza una tipica espressione (ἔρχομαι πρὸς) con la quale nel suo Vangelo usa descrivere il movimento iniziale della fede, quel semplice andare verso l’umanità di Gesù rivelatore del Padre. Non si tratta di fede compiuta, non si tratta però nemmeno di incredulità. È un germoglio, un timido avvio, il preludio o la promessa di qualcosa che potrebbe nascere. Possiamo chiamare questo: «ricerca»? Certamente sì, benché occorra fare molta attenzione a non darle connotazioni troppo precise o caratteristiche eccessivamente specifiche. Cosa cerca Nicodemo? Chi cerca? Perché cerca? Difficile rispondere a queste domande. Possiamo però certamente dire che quel che ha mosso il fariseo doveva essere potente al punto da fargli mettere in pericolo la sua posizione. Non possiamo derubricarla a curiosità. Piuttosto doveva avere lo spessore di una questione di vita o di morte. Andando da Gesù in quel modo, pur con tutte le cautele del caso, significava rischiare di perdere tutto, o quantomeno molto. Circa la qualità della ricerca, l’evangelista ci indirizza sulla strada della ricerca di fede. È qualcosa che ha a che fare con il volto di Dio, conoscerLo, comprenderLo, entrare in rapporto con Lui. Potremmo spingerci un po’ oltre nel dire che Nicodemo sta cercando la rivelazione profonda di Dio, qualcosa che, evidentemente, ancora non ha. Si trova in una condizione, benché sia maestro in Israele, di miopia o di strabismo della fede. Vuole vederci più chiaro. Da non lasciare cadere è il fatto che cerca l’incontro personale e individuale con Gesù. Avrebbe potuto ascoltarlo in pubblico, avrebbe potuto raccogliere informazioni su di lui e sulle dottrine che insegnava, avrebbe potuto convocarlo per un confronto insieme ad altri maestri e/o capi. Nella sua «ricerca» Nicodemo vuole invece un incontro senza filtri, senza mediazioni, libero dai condizionamenti, per quanto ciò è possibile. Sceglie un’indagine in prima persona, che segua il sentiero dell’incontro, la via del dialogo e del confronto. Nicodemo è uomo del sapere, della sapienza teologica e scritturista. Stavolta percorre il sentiero della relazione. La notte, però, “infagotta” tutto ciò in un manto cupo che ha varie sfumature: quella della paura delle conseguenze, quella di una fragilità umana marcata, quella di un pesante condizionamento sociale, quella di una oscurità interiore lontana dalla vera fede, quella di un’ambiguità che dimostra l’incapacità di fare il salto di qualità. È così notturno questo inizio di fede di Nicodemo che, alla fine, non coglierà l’oggetto della ricerca. Egli fa proprio parte di quei credenti di cui Gesù non si fida: riconosce che Gesù è un uomo di Dio, ma, in realtà, è concentrato sulle opere meravigliose da lui compiute, più che sul Dio da cui provengono.
La ricerca che spinge Nicodemo da Gesù è ambigua, imperfetta, inadeguata nei contenuti e anche nei modi. Eppure avviene.
Ma non solo. Nel suo accadere dimostra di avere in radice un motore potente, una spinta che ha il sapore delle questioni di vita e di morte. È questo che lo porta al faccia a faccia, non certo la bontà del suo cercare.
La questione del “motore” del nostro cercare è centrale e determinante. Moltissime persone cercano in modo scomposto e farraginoso e agli occhi di chi già ha un’esperienza di fede significativa possono apparire goffi, inadeguati quando non addirittura “sulla cattiva strada”. Eppure spesso dimostrano di avere una spinta interiore davvero “santa”.
Altre volte, tocca purtroppo constatare che in percorsi di fede irreprensibili e apparentemente esemplari, non vibra un minimo anelito di ricerca, di scavo, di sete vera di Dio.
4. Il primo scambio (3, 2-3).
Nicodemo parte con una captatio benevolentiae con la quale si cala nella parte di chi vuol dimostrare di avere riconosciuto quantomeno l’autorevolezza di Gesù. Più che il vero discepolo imitatore del Maestro, Nicodemo appare qui come una sorta di ammiratore, un fan che non sembra avere l’intenzione di coinvolgersi al punto da compromettersi. Se l’imitatore è disposto ad assumere le sembianze di chi ammira, Nicodemo ancora mantiene le distanze. Porta subito la questione sul piano teologico, esibendo le credenziali di uno che sa leggere i segni che vengono da Dio. Non fa però una domanda precisa, diciamo che “attacca bottone”. Il tono del suo approccio è di compiaciuta saccenza. Si pone nella posizione di “uno che sa”, o meglio, dalla parte di “quelli che la sanno lunga” («Noi sappiamo»). È la posizione in cui Nicodemo è abituato a stare. Così come rimane nella posizione del maestro, così resta fermo anche nei suoi schemi interpretativi: si concentra sulle opere meravigliose e giudica Gesù come un «uomo di Dio» proprio a partire dai grandi segni compiuti. Uno sguardo, diremmo, da profeta antico-testamentario. Gesù ribalta il tavolo spostando completamente l’oggetto del dialogo. Non è interessato alle dotte disquisizioni, il cuore di Gesù e il nucleo della sua missione ruotano attorno al «regno di Dio». Dovessimo tradurre in termini più colloquiali, Gesù sembra scuotere Nicodemo con una forte provocazione: «Cosa sei venuto a fare? Cosa ti interessa davvero? Non è il tempo di cominciare ad affrontare le questioni decisive? Vuoi o non vuoi entrare nel Regno? Smetti di menare il can per l’aia per puntare a ciò che è essenziale?» Basta discorsi inutili. In Gesù c’è una possibilità aperta per coloro che la cercano: l’incontro con il Volto di Dio, la visione della sua potente volontà di salvezza all’opera, l’ingresso dentro l’esperienza del compiersi della propria esistenza, il raggiungimento della piena realizzazione di sé e del proprio essere stati chiamati alla vita. Perché ciò si realizzi deve però accadere una rottura. C’è un radicale ricominciamento da operare, anzi, da lasciare che accada perché esso è tutta opera di un Altro. Gesù annuncia a Nicodemo che c’è un nuovo inizio da accogliere. È quello l’oggetto della ricerca del fariseo?
5. Il secondo scambio (3, 4-8).
L’obiezione di Nicodemo è carica di ironia ma anche tipica del gioco di fraintendimenti con cui Giovanni spesso fa procedere i suoi discorsi. Emerge però con chiarezza qual è l’orizzonte nel quale Nicodemo è abituato a muoversi: quello meramente terreno, come già la sua attenzione ai segni di Gesù aveva dimostrato. Nei ristretti confini di ciò che è visibile e tangibile, in effetti, non è plausibile alcuna rinascita. Occorre allora un intervento divino che segua altre leggi che non siano esclusivamente quelle della «carne», cioè di ciò che è terreno, mondano. Occorre lo Spirito che dia origine a una nuova esistenza secondo le sue leggi proprie. La risposta di Gesù dà ragione in parte a Nicodemo («Quello che è nato dalla carne è carne») ma lo spinge a credere a un’esistenza più vasta, a un’offerta di vita più ampia e profonda. Dunque anche a credere a desideri, bisogni, passioni, speranze, sogni, progetti… che abbiano il coraggio di sconfinare oltre la misura sempre limitata dei nostri mezzi, delle nostre mediocrità, delle nostre fragilità. Che misura ha realmente la ricerca di Nicodemo? È disposto a credere che si può cercare dove mai avrebbe pensato si potesse? L’immagine del vento che gioca sulla sovrapposizione con lo Spirito ci fa avvertire l’intenzione di Gesù di liberare Nicodemo dai legacci che imbrigliano la sua ricerca.
La provocazione di Gesù ci spinge ad interrogarci sulla qualità dei desideri, dei sogni, degli oggetti del nostro cercare. Sappiamo osare sperare nell’infinito e nell’eterno?
Questo diventa particolarmente esigente quando siamo alla ricerca di una via d’uscita da situazioni complesse o quando cerchiamo la volontà di Dio in momenti delicati o quando aspiriamo a conoscere il Signore in passaggi difficili della nostra vita.
Sono i momenti nei quali si può e si deve avere il coraggio di spingere i nostri desideri ben oltre il confine della “carne”, ben al di là degli orizzonti del visibile, ben lontano dal logiche di basso in cui è facile invischiarsi.
6. Il terzo scambio (3, 9-12).
La nuova domanda di Nicodemo è priva stavolta di ogni ironia e saccenza. Pare essere invece carica di autenticità. Il fariseo osa sporgersi oltre il parapetto delle proprie convinzioni e convenzioni per provare ad ammirare il panorama che Gesù gli ha dipinto. Stavolta è però Gesù che usa l’ironia per ricondurre Nicodemo a riconoscere la sua insufficienza. Per quanto sia un maestro, per quanto sapere possegga, per quanto possa essere autonomo nella sua ricerca… Tutto si compie nel cammino con un Altro. Non c’è una illuminazione da raggiungere, una consapevolezza da maturare, una certezza da consolidare. C’è invece una relazione in cui consegnarsi. Dentro quella relazione la ricerca di Nicodemo potrà aprirsi su orizzonti inaspettati.