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«Famiglia Pasquale». La famiglia cristiana oltre le devozioni.
Omelia della Sacra Famiglia 2019
Il matrimonio che dà il via alla nuova famiglia è la memoria della Pasqua di Cristo. Vivere quel matrimonio sarà fare Pasqua ogni giorno. È così che la «Famiglia secondo il Vangelo» può diventare uno spazio in cui si può cadere e ripartire.
Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno». (Matteo 2, 19-23)
Traboccare di significato.
Si chiamano «citazioni di compimento» e Matteo, nel suo Vangelo, ne fa un uso abbondantissimo. Sembra preoccupato che qualcuno osi pensare il contrario, che possa sorgere il sospetto che non fosse lui - il Cristo - la pienezza di senso di ogni cosa. Hanno tutte la stessa forma: la descrizione di un fatto collegata a una citazione biblica dall’espressione codificata «perché si compisse ciò che era stato detto», come nella conclusione del brano di oggi. Contano così tanto che del verbo che Matteo usa per indicare il compimento - «pleroo» - ne ha fatto un termine tecnico. Parola interessante, tra l’altro. Suggerisce non tanto il condurre a termine qualcosa, quanto piuttosto l’azione dello riempire. Colmare fino all’orlo, saturare, portare fino alla tracimazione. Gesù che compie le Scritture le spinge al traboccamento. Come se ancora non avessero riversato sull’uomo tutto il loro tesoro di sapienza e tutta la loro ricchezza rivelatrice. Nella sua vicenda, nelle sue parole, nelle sue opere non si trova il pienezza della Scrittura nel senso semplice di una realizzazione delle profezie, di una perfetta obbedienza alla Legge, di una limpida traduzione dei codici di significato. C’è di più. Nella vita di Cristo, la Scrittura - con le sue promesse, le sue profezie, le sue leggi - si compie trovando in lui la sua pienezza di senso. Anzi, un’eccedenza di senso. Non nella sua perfezione umana, o nella sua impeccabile moralità o in una dote di particolare sapienza intuitiva. Gesù è un eccedenza di senso per la Pasqua. Il Mistero di croce e resurrezione. La Vita che non conosce confini. La fine della morte. L’Amore che avvolge il nemico per salvarlo. Il Regno di Dio che Matteo annuncia e che nella Pasqua si rivela come potenza di armonia e vita a fronte al male estremo, è il compimento atteso. Le Scritture tracimano di senso alla luce del sepolcro vuoto.
Famiglia sacra, o famiglia pasquale?
E di una famiglia, qual è il compimento, la pienezza traboccante di senso? Il background cattolico fa scattare immediata la risposta: nessuno meglio di Gesù, Giuseppe e Maria, la Sacra Famiglia. Lì c’è il modello perfetto e nessuno più di loro ha saputo riempire di significato l’esperienza di vita famigliare. Il che può anche essere vero, ovviamente, ma della famiglia di Nazareth i Vangeli è più quel che tacciono che quel che dicono. Della vita dei tre non sappiamo quasi nulla se non ciò che i racconti dell’infanzia ci hanno consegnato, insieme, però, a tutta la problematica interpretativa che li contraddistingue. Ci hanno pensato la tradizione e la storia della devozione a riempire i vuoti narrativi che gli evangelisti avevano deciso di lasciare, producendo un notevole bagaglio di spunti di riflessioni, di contenuti catechistici, di precettistica morale. Tutto utile. Ma in che misura? Tra l’altro, oggi, al patrimonio che la tradizione e la devozione ci hanno consegnato si aggiungono i trattati dei sociologi di grido - rigorosamente catto-friendly - insieme ai contributi, apprezzatissimi e vendutissimi, degli/delle catto-opinion leader del momento, con una quantità di idee su ciò che è o non è famiglia cristiana, cosa significhi essere moglie o marito, padre o madre, e cosi via. Ma non è certo in questi ultimi che si devono cercare parole di compimento rispetto alla famiglia in senso cristiano. Per certi versi nemmeno alla devozione ci si deve rivolgere in quei termini. C’è Cristo e la Sua Pasqua. Questa è l’eccedenza di senso che dà compimento all’essere famiglia in senso cristiano. La «Famiglia secondo il Vangelo» non è anzitutto sacra, ma è fondamentalmente «pasquale». La «Famiglia secondo il Vangelo» trova pienezza nell’essere uno spazio in cui quel mistero di Vita contro la morte, di Amore contro l’odio, di Salvezza contro la perdizione viene ogni giorno messo al centro, celebrato, vissuto, invocato, sperato. Il matrimonio che dà il via alla nuova famiglia è la memoria della Pasqua di Cristo. Vivere quel matrimonio sarà fare Pasqua ogni giorno. È così che la «Famiglia secondo il Vangelo» può diventare uno spazio in cui si può cadere e ripartire. Perché, per la Pasqua di Cristo, non solo difenderà la vita nel suo nascere, ma si farà in quattro perché si affermi in ognuno la Vita, quella che è dono del Padre, quella che è immagine del Figlio, quella che per lo Spirito non troverà fine. È una famiglia, quella segnata dalla Pasqua, in cui si nasce, ma si può anche morire in pace. E fallire. E cadere. E perfino tradire. Sapendo che c’è una parola oltre tutto ciò. Una famiglia nella quale si è chiamati per vocazione a dare la vita per la Vita dell’altro, ma da nessuno si pretende mai che muoia per “il bene della famiglia”. Perché è una famiglia piena della Speranza del Risorto. E in quello c’è il suo compimento.