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«Sacro e Profano». Il discorso dei pani.
Quarta domenica dopo il Martirio del Precursore
Il Signore Gesù disse: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.
(Gv 6, 51-59)
Il discorso che Giovanni mette sulle labbra di Gesù è di una concretezza disarmante. Carne, sangue, mangiare, masticare, bere, abitare.
L’esperienza dell’incontro con Dio e della fede in Lui tocca direttamente e in modo determinante le dimensioni primarie e fondamentali dell’esistenza. Nutrirsi e nutrire, avere una casa e dare dimora sono, a loro modo, "spazi sacri”.
È il linguaggio eucaristico a dircelo. Questo Dio, il Dio di Gesù Cristo, parla di sé come di cibo e bevanda. Si propone come abitazione autentica e definitiva.
La tavola e le mura di casa sono ambiti in cui si gioca in modo decisivo il rapporto con Lui.
La tavola a rappresentare tutto ciò che è sostentamento, alimento e soddisfazione alla nostra vita, sapendo bene che non si vive di solo pane.
Il tetto a richiamare tutto ciò che ha a che fare con la propria identità, le relazioni fondamentali e la custodia della vita, avendo presente che nessuno sopravvive da solo.
La carne, il sangue, la vita di Cristo sono cibo «offerto» e dimora «donata». Perciò il «dono totale e gratuito» è la prospettiva cristiana del nutrirsi e del nutrire, dell’abitare e del dare casa.
Considerare l’abitazione e il nutrimento secondo la logica del «dono totale e gratuito» è lo stile di chi «adora il Padre in spirito e verità» (Gv 4, 24).
Se il pane è una proprietà, il prossimo è un nemico pronto a sottrarmela. Se la casa è un rifugio, l’estraneo è un pericolo da cui difendermi ad ogni costo.
Se il cibo non è riconosciuto come dono di un Altro, è logico difendersi da chi “viene a rubarcelo”. Se la casa non è anzitutto lo spazio in cui si sperimenta l’essere accolti dall’Altro, è ovvio che andrà difeso ad ogni costo da qualsiasi estraneo.
Lo spazio del sacro e del profano sono riscritti. La logica del dono "consacra" ogni cosa. Quella del possesso egoistico la profana.
Sono tempi in cui siamo fortemente provocati proprio sulle basi dell’esistenza: nutrire e nutrirsi, abitare e dare casa. Lì si vede che faccia abbiamo, se quella di Cristo o un’altra.
Ed è sempre più evidente che l’Eucaristia soffoca rinchiusa tra le mura di una bella chiesa. Insieme al nostro essere cristiani.