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«Senza Giudizio». O di chi osa credere che Dio non è un giudice.
Domenica di Cristo Re 2019
Il Signore Gesù disse: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». (Mt 25, 31-46)
ASCOLTA L'OMELIA
Lo sguardo di Gesù coglie, tra le pieghe dell’umanità, uomini e donne che si sono liberati dalla presunzione di giudicare chi è degno di attenzione, compassione e solidarietà. Uomini e donne che di fronte al volto del loro prossimo non hanno altra risposta che non siano cura e dedizione, libere e disinteressate.
Ai loro occhi le esistenze non si pesano né si misurano. Solo si amano e si servono. Alle loro orecchie non c'è alcuna voce che suoni insignificante, nessun grido che debba meritarsi la dignità di essere ascoltato.
Non lo fanno per apparire e nemmeno per una ricompensa. Lo fanno per indole, come modo integrale di essere al mondo. In maniera ordinaria, senza clamore.
Gesù contempla nello stile di uomini e donne giusti, lo stesso stile del Padre suo. Colui che non pretende che ci si guadagni la sua considerazione, che non divide l’umanità tra degni e indegni, tra meritevoli di attenzione e meritevoli di disinteresse.
Il Padre di Gesù non è il giudice che divide tra vite significative ed esistenze insignificanti. È Colui che dà la Vita e crea le condizioni perché ognuno possa viverla in pienezza.
È il Dio che solleva i pesi dalle spalle degli oppressi, che consola chi si sente condannato, che offre misericordia al peccatore, speranza allo sconfitto, incoraggiamento al fallito, conforto al disperato.
Più che incombere con fare giudicante sulla storia umana, si mette ai suoi piedi moltiplicando le occasioni di vita, di Vita Piena.
Nella parabola di Gesù c’é anzitutto l’annuncio della possibilità di afferrare e gustare il senso profondo dell’esistenza: sospendere ogni giudizio sul prossimo e aprirsi a una dedizione incondizionata e gratuita, soprattutto verso chi corre il rischio di pensare di essere insignificante agli occhi di Dio.
Chi vive così, vive davvero. Vive la vita come la vive Dio. Perciò vive ora e sempre.