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Signore, sei tu? Davvero sei tu? Non ci speravo che arrivassi fin qui, in questo mio sepolcro. Sai, non sono abituato alle visite, puoi immaginare. Chi vuoi che voglia entrare in questa mia dimora fatta di peccato e di dolore? Senti l’odore? D’altronde è un sepolcro e tu ben sai come son fatti. L’ho costruito tutto io, con le mie mani. Un peccato dopo l’altro, perversione dopo perversione. Capivo il male che mi facevo, ma solo fino a un certo punto. Un po’ come quell’indemoniato geraseno che passava il tempo a colpirsi e a ferirsi, te lo ricordi? Consapevole fin dove? Si sono accumulati, i peccati, uno dopo l’altro in modo straordinariamente ordinato, come se seguissero un progetto preciso, di chi non saprei. Fino a lasciarmi ingabbiato, senza via d’uscita. Nessuno poteva aiutarmi. E tu da che parte sei entrato che qui non ci sono né porte, né finestre? Guarda, quella porta da quando c’è? Senti che aria fresca e che buon profumo entra! Gesù, è primavera vero?
Vattene, vattene da qui o ti farai male anche tu, Signore. Non dovevi azzardarti a venire fin qui, lo sai che è meglio starmi alla larga. Me lo dicono sempre. Sono uno problematico, un pericolo per gli altri. I miei ragionamenti dicono facciano male alla salute. Il mio modo di dimostrare l’affetto pare sia violento. Le mie parole non vengono comprese e creano confusione. Sono diverso. Vado contenuto e reso inoffensivo. Ti ricordi di quell’indemoniato, quello dei porci? Ecco, pure a me han messo le catene e i ceppi: non devo muovermi, faccio danni. Meglio che stia legato mani e piedi. Parlano della mia psiche, della mia intelligenza, della volontà, del mio sesso. Dicono che sono danneggiati. Devono impedirmi di rovinare me e gli altri. Che generosi ad avermi costruito una prigione vero? Certo mai sarebbero venuti a liberarmi. Ma Tu che ci fai qui? E adesso… No, non aprire la porta, lascia stare le catene, è pericoloso! Guarda Gesù, sono due rondini, giusto?
Signore, ma lo sanno i tuoi discepoli che sei qui? E cosa penseranno del fatto che in questa tomba sei sceso pure Tu? L’hanno costruita loro sì, proprio loro e Tu lo sai vero? Quelli come me i tuoi amici li considerano morti per l’eternità. Hanno ragione, d’altronde noi non rientriamo nei loro canoni, siamo irregolari, sbagliati, disordinati, scombinati, infedeli, increduli. Oh, per carità sarà anche giusto così, ma chi dà loro il diritto di costringerci qui nella tomba eterna? Ti ricordi quell’uomo posseduto dalla Legione che vagava tra le tombe e che Tu liberasti? Mi sento così anch’io. Dato per morto, finito. Per quelli come me non c’è speranza di salvezza. Capisco l’intento positivo dei tuoi discepoli: condurre gli uomini sulla strada giusta, indicare la retta via. Ma fino a tracciare i confini della salvezza? Vedo che hai buttato giù la parete. Guarda che luce che arriva. E’ mattino, vero Gesù?
Devo gridare anche con Te Signore o posso abbassare il tono? Scusa sai, è l’abitudine di chi come me vive in questa tomba fatta di grida e urla. Noi siamo gli invisibili, quelli che qualcuno a un certo punto ha deciso di far sparire. No, non fisicamente. Ci siamo, sì, ma come non ci fossimo. Dobbiamo gridare e gridare e gridare. Anche per le cose più semplici: acqua, pane, letto, casa, lavoro, medicinali. Dobbiamo alzare il tono, pestare i piedi, ruggire, abbaiare come le bestie. Noi siamo i deboli e non contiamo. Siamo contorno e accessorio della storia, non vedi? C’han rinchiuso qui e abbiamo disimparato a parlare. Assomigliamo a quell’indemoniato che guaristi dall’altra parte del lago e che sempre gridava come un ossesso. Ricordi che aggredì pure Te? Ma così fa chi vive inascoltato. Fin qui sei venuto, dunque. Quindi gridare a qualcosa è servito! Non avevo mai notato quella finestra, l’hai aperta Tu? Ma queste sono campane, è festa?
Signore come hai trovato la strada per venire fin qui? Nessuno mai era riuscito a raggiungermi in questo sepolcro fatto di inquietudini. Non so nemmeno io come ci son finito. Non saprei dire chi l’ha costruita. Noi prigionieri di un andare senza requie, chi c’ha portato fin qui? I nostri dubbi ansiosi, le nostre domande angoscianti, la nostra fame insaziabile, i nostri desideri inesauribili? Forse ci siamo attorcigliati su noi stessi fino a rinchiuderci. Chi può dirlo? Strana prigione la nostra: una tomba fatta di continuo andare e riandare senza sosta e senza meta. Non credevo mai ci avresti raggiunti. C’avevan detto che Tu eri per quelli decisi e precisi, senza dubbi né perplessità, capaci di accontentarsi di poco e di dare molto. Toh, è da quando non c’è più il tetto? Che bel cielo azzurro e che aria di pace. Gesù, è vacanza?
Han creduto di rinchiuderlo e di farlo tacere con la pietra tombale. Ma Gli hanno aperto la porta dell’unico luogo che ancora non aveva raggiunto. Loro non han compreso la parabola del pastore che non teme di entrare nelle terre buie per radunare le sue pecore. L’Amore Onnipotente fa della Morte un proprio alleato e ne fa la sorella di chi sta nelle regioni oscure: è per mezzo suo che Cristo giunge fin a loro. Dalla porta del sepolcro non si conclude, ma inizia il viaggio di Gesù, l’ultimo e il più decisivo: Fratello di chi muore, Salvatore di chi è morto, Vincitore di ogni morte.